Tevere

Il biondo Tevere, come veniva definito nell'antichità, nasce sul monte Fumaiolo nell'Appennino tosco-romagnolo; con un tragitto di oltre 400 Km per la Toscana, l'Umbria e il Lazio, arriva al Mar Tirreno, dopo aver attraversato i colli di Roma.

Il nome più antico del fiume, secondo molte fonti, fu Albula; solo in un secondo momento sostituito dai romani con Tiberis e Thibris.

Al Tevere è legata la storia della fondazione di Roma, nel 753 a.C. ma, i primi insediamenti significativi, situati verso la foce, nella zona di Ostia Antica, risalgono al VI secolo a.C.

Da tempi remoti Roma e Veio rivaleggiarono per il controllo del commercio sul fiume, fino agli inizi del IV secolo a.C., data che segna la caduta di Veio e l’inizio dell’egemonia romana.

In epoca imperiale la storia del fiume è legata alla rete commerciale del Mediterraneo, avente come fulcro il porto di Ostia. La maggior parte dei prodotti trasportati era di origine agricola: cereali, olive, uva, fichi, ortaggi, canapa, arbusti profumati provenienti dai terreni adiacenti al Tevere, in cui tipica era la realtà agricola e dove la "villa" costituiva l’unità produttiva e residenziale.

Dalla fine dell’età imperiale, fino all’alto Medioevo si verifica un cambiamento dell’assetto fondiario con l’abbandono del regime schiavistico e la lavorazione delle terre da parte di coloni o mezzadri.

Percorsi naturali che attraversano la valle del Tevere mettevano in comunicazione la zona centrale dell’Italia con il resto della penisola, tanto che questi furono razionalizzati e pavimentati dai romani, costituendo le strade consolari che ancora oggi rappresentano fondamentali arterie di traffico.

Le più importanti sono la Flaminia, la Tiburtina, la Salaria, così detta perché vi veniva trasportato il sale destinato alle popolazioni reatine. Già allora esisteva un sistema di comunicazione tra l’area adriatica, etrusca, umbro-picena e laziale.

Roma è sempre stata, e continua ad essere, l’unico consistente centro urbano sul corso del Tevere. Nell’area umbra, dove lungo il fiume prevale l’attività agricola e industriale, gli insediamenti sono scarsi, ma degni di nota per la loro origine storica.

Vanno ricordate Città di Castello e Todi (nelle cui vicinanze il Tevere incontra il Nera), entrambe molto antiche, prima governate dagli Umbri, poi dagli Etruschi e in seguito divenute municipio romano.

Altri centri sono Alviano, Umbertide, Torgiano, S.Giustino, Otricoli, che dominava sulla via Flaminia e Deruta.

L’analisi di pollini fossili ha dimostrato come il clima del Mediterraneo, nel primo millennio a.C., fosse più rigido dell’attuale, con precipitazioni distribuite regolarmente nell’arco dell’anno, per cui il Tevere era soggetto a frequenti inondazioni che costituivano un problema di carattere igenico-sanitario e sociale per le popolazioni che occupavano le sue sponde, in particolare quella di Roma; non é trascorso molto tempo dall’ultima inondazione, avvenuta nel 1870.

Questi repentini cambiamenti di regime del Tevere sono da imputare al suo elevato numero di affluenti, ben 42.

Furono molte le personalità illustri che si interessarono e tentarono di studiare il problema, a partire dallo stesso Giulio Cesare che propose di deviare il corso del fiume.

Molte altre furono le proposte e i progetti, un po in tutte le epoche, ma solo in un periodo relativamente recente si giunse ai fatti; i lavori per arginare il Tevere iniziarono nel 1876 e terminarono ben cinquant’anni dopo.

Oggi il Tevere attraversa Roma stretto tra i muraglioni, prima di sfociare nei rami di Fiumara e nel canale di Fiumicino.

Storicamente, l’uomo ha sempre avuto, quindi, un rapporto di interscambio, più o meno diretto, con le acque di origine fluviale.

Rapporto che, purtroppo, non sempre ha tenuto in considerazione quella che é la naturale evoluzione dei fiumi e della relativa dinamica delle acque che vi scorrono.

Ma, oltre agli interventi mirati a contenere i fenomeni di cui sopra, ve ne sono altri che, direttamente o indirettamente, riescono a compromettere il delicato equilibrio della dinamica fluviale. Parliamo ad esempio delle attività estrattive che, prelevando ghiaie e sabbie in alveo o in aree perifluviali, provocano l’erosione dell’alveo stesso, aumentano la torbidità delle acque e riducono la varietà di microambienti.

Indirettamente, vi sono poi i prelievi in falda operati nelle aree limitrofe al corso d’acqua che influenzano i reciproci rapporti di scambio fiume/falda.

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